Gli attuali processi di digital transformation dell’impresa ed il passaggio all’industria 4.0 stanno portando inevitabilmente alla definitiva scrittura di un nuovo e rivoluzionario capitolo nella storia del rapporto tra uomo e lavoro.
All’inizio dell’anno scorso, un’interessante studio della McKinsey prospettava che, nei prossimi anni, quando le nuove tecnologie nel campo della robotica, dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento digitale saranno diffuse globalmente, si potrà arrivare ad una completa automatizzazione di almeno il 49% degli attuali lavori svolti dall’uomo. Queste previsioni naturalmente possono aprire a vastissimi scenari di studio e riflessione sia in termini generali economico-sociali, sia in chiave individuale culturale e psicologica.
Volendo qui concentrarci specificatamente sull’evoluzione del rapporto delle aziende con il mercato del lavoro, oggi ci troviamo già nelle condizioni di dover prender atto di un significativo cambio di tendenza rispetto a qualche anno fa; in particolar modo riguardo all’approccio e alle esigenze con le quali le imprese affrontano la definizione degli obiettivi di acquisizione di nuovo personale.
In tale ambito, l’uso sempre più insistente del termine “talento” nei trend topics del people management moderno, è da considerarsi sintomatico di una crescente consapevolezza attorno alla necessità di porre maggiore attenzione alle dimensioni più “umane” delle persone.

Si arriva così ad una curiosa biforcazione che vede i robot (le macchine) espandersi e proliferare come delle formiche da una parte, e l’azienda, dall’altra, che ha l’opportunità di liberare le persone da operatività routinarie e scoprire così il lato più umano dell’umano.
I veloci cambiamenti in atto lasciano una realtà indubbiamente sfaccettata, difficile da interpretare attraverso le logiche classiche e senza una visione d’insieme che tenga conto di aspetti sociologici e culturali
Guardando al nostro territorio, l’affannosa rincorsa all’innovazione sta lasciando dietro di sé uno spaccato imprenditoriale altamente stratificato, con realtà aziendali (anche dello stesso settore) che corrono a velocità estremamente diverse, divise da gap culturali e tecnologici impressionanti, accompagnati ovviamente anche da esigenze e visions differenti.
In ogni caso, l’opinione unanime e condivisa trasversalmente tra i managers dei vari strati sopra citati, è che sia diventato indispensabile investire sullo sviluppo delle persone nell’ottica di asset strategico a lungo termine. Operativamente, questo proposito si concretizza cercando di intercettare, con un certo anticipo, il potenziale dell’individuo, più che la sua competenza tecnica specifica.
E’ la cosiddetta Skills Revolution, in cui avremo meno braccia e più cervelli, meno esecuzioni e più iniziative, meno mantenimento e più innovazione, una nuova fase interpretata da persone “formabili” direttamente in azienda, con potenziale di crescita e con un’innata propensione al cambiamento e al ragionamento astratto.
Così come queste trasformazioni del lavoro e della società stanno lasciando divisa in cluster simili a caste la scena imprenditoriale, anche tra la popolazione di lavoratori si evidenziano gli effetti di una evoluzione forse troppo repentina. Man mano che tale trasformazione avanza, innumerevoli sacche sociologiche di candidati con differenti valori interpretativi del concetto di lavoro si formano e si stratificano parallelamente, frammentando l’offerta e rendendo sempre più complessa la lettura del mercato. In questo senso, considerare le classiche variabili geografica, demografica e di scolarizzazione non è più predittivo.
Persone della stessa fascia d’età, con stesso livello di esperienza e di istruzione concorrono nello stesso processo di recruitment con costrutti mentali sul rapporto uomo-lavoro più che mai diversi. Costrutti che, ovviamente, includono aspettative, motivazioni, significati e bisogni rispetto alla dimensione lavorativa molto differenti, determinando poi l’esito dell’inserimento organizzativo in modo significativo.
Le strategie di employer branding e social recruitment si sviluppano anche in risposta all’esigenza di operare un filtro selettivo in questo senso. Avere la capacità di individuare ed attrarre profili adeguati alla cultura e alla visione dell’azienda sembra oggi essere tra i fattori fondamentali di una selezione di successo. Tuttavia, a parte l’iniziale scrematura, solo in sede di colloquio vis a vis, lo Psicologo può procedere ad una comprensione approfondita del sistema valoriale e motivazionale dell’individuo. Un passaggio cruciale che, assieme alla valutazione psico-attitudinale della persona in divenire (potenziale), rappresenta la chiave per un inserimento edificante e valorizzante del lavoratore nell’azienda moderna.