In natura, l’omeostasi è definita come la capacità degli organismi di mantenere l’equilibrio interno al variare delle condizioni esterne. Partendo da questo spunto e allargando la nostra prospettiva, potremmo affermare che ogni sistema (compreso l’essere umano) cerca di rispondere alle dinamiche dell’ambiente circostante con l’obiettivo di mantenersi stabile nel tempo, ovvero di rimanere nello stato in cui si trova.
In un certo senso, è come se ognuno di noi cercasse continuamente di fronteggiare il cambiamento annullando gli stimoli esterni per preservare il proprio “comfort”.
Cercando di visualizzare con un esempio pratico questo meccanismo, potremmo immaginarci un uomo seduto da solo su una panchina che si sta leggendo un libro in completo relax. All’arrivo di uno sconosciuto intenzionato a sedersi sulla stessa panchina, il primo uomo si sposterà leggermente (investendo una minima quota di energia) per mantenere un certo grado di privacy e continuare la propria lettura in serenità. All’arrivo di una terza persona, le circostanze della scena iniziale saranno talmente cambiate che il nostro lettore non potrà più spostarsi per perseguire il suo stato ideale, ma si troverà nelle condizioni di dover operare una scelta più importante: o rimanere seduto rinunciando alla propria idea di comfort, oppure investire dell’energia per alzarsi e cercare un’altra panchina.
Da questo possiamo capire la logica dei meccanismi di resistenza: se non vale la pena alzarsi per camminare, meglio trovar una piccola soluzione per adeguarsi e continuare a star fermi. Tale atteggiamento è volto al risparmio energetico e all’ottimizzazione delle risorse.
La naturale resistenza al cambiamento si manifesta ogni giorno attraverso risposte che tendono ad abbassare i toni e placare il momentaneo scompiglio causato dallo stimolo esterno, per mantenere lo status quo, l’equilibrio.
Perché non provi ad usare questa nuova tecnica? Si ma è complicata.
Anche in azienda, come nella vita privata, ci ritroviamo in questo scenario ogni qualvolta cerchiamo scuse per non alzarci, per non investire nel futuro, per non guardare al cambiamento con la speranza del miglioramento. In queste situazioni si configura spesso quello schema relazionale che Eric Berne definì, ironicamente, gioco del PNSM (Perché non…si, ma…);
Perché non investire in questo nuovo progetto? Si ma è costoso.
Alla fine del gioco, il massimo risultato di resistenza che si possa sperimentare è quando ci troviamo a dover esprimere (o ascoltare) la più triste delle constatazioni: tutto sommato come stiamo adesso non è poi così male.
Acquisire la giusta consapevolezza della prevedibilità di questi meccanismi di difesa, può aiutarci ogni giorno a vivere le nostre scelte con maggiore fiducia ed onestà. Scegliamo di poter scegliere. Scegliamo di alzarci e camminare.
Well, come on and let me know, should I stay or should I go?