
L’immagine del sé è l’insieme delle convinzioni individuali relative alla propria soggettività.
Semplicisticamente, si tratta del genere di persona che pensiamo di essere. Ovvero, da un punto di vista prettamente cognitivo, di quel complesso di credenze e atteggiamenti su noi stessi che determina la manifestazione e la percezione della nostra presenza nel mondo reale.
Potremmo paragonare l’immagine del sé ad un gigante faldone posizionato in bella vista nei nostri archivi mentali, pieno zeppo di schede e cartelle di ogni genere contenenti centinaia di informazioni su noi stessi raccolte nel corso della nostra vita attraverso le varie esperienze personali, la cultura, l’educazione, la società, la scuola, gli amici, ecc…
Dunque, ogni qualvolta si tenti spontaneamente di auto-giudicarsi per qualsiasi motivo (es. mi sento adeguato per questa cosa? Che probabilità ho di farcela in questa situazione?), si sta attingendo inconsciamente dalle informazioni archiviate nell’immagine del sé (per inciso, tali operazioni vengono comunemente definite dai più come processi di autostima).
Volendo ora volgarmente declinare questi concetti in territorio freudiano, per comprendere i processi dell’immagine del sé in relazione al comportamento ci si potrebbe tranquillamente riferire al più famoso concetto di “IO” e delle sue relative funzioni. In questo senso, potremmo anche pensare più precisamente all’immagine del sé come al supporto fisico su cui sono memorizzate le informazioni raccolte nel tempo e all’IO come all’idea generale che la persona ha di se stessa, emergente da una sintesi simbolica di quelle stesse informazioni.
Per anni, la psicologia e più in generale tutto il mondo della crescita personale, si sono concentrati principalmente sull’IO (focalizzandosi di conseguenza sull’immagine del sé dell’individuo) per ridurre affannosamente quell’angoscia naturale originata dal sacrificare il proprio essere dentro un’idea della mente.
Alla luce di tutto ciò, vorrei però ora rivolgermi direttamente a te, che stai leggendo in questo momento, ponendoti una domanda che ritengo fondamentale:
visto che abbiamo detto che l’immagine del sé raccoglie sostanzialmente memorie (includendo in questo senso anche quello che ci hanno detto gli altri sul nostro conto, compresi i nostri genitori, la società ed i paragoni spontanei che abbiamo fatto con gli altri), pensi veramente ci si possa fidare ciecamente di essa per conoscere profondamente noi stessi e la meravigliosa unicità del nostro essere?
Per approfondimenti, vedi anche:
►Come essere se stessi? La frammentazione dell’IO nella danza dei ruoli
►CONOSCI TE STESSO! Si, ma non proprio come pensi
►Test di personalità: perché è meglio lasciarli perdere per conoscere se stessi